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giovedì 23 luglio 2009

Kawasaki EN 500


di Daniele Massari
Dal sito di Due ruote:
http://www.motonline.com/prove/articolo.cfm?codice=86075
del 26.6.2001

La EN 500, piccola custom “twin” della casa di Akashi, compare in listino del tutto invariata (tranne che nelle grafiche) dal 1996, e deriva dalla LTD 450.L’ospitalità di cui è capace questo veicolo, unitamente alla cura dei particolari, non fanno rimpiangere il feeling offerto dalle sorelle maggiori della famiglia Vulcan (la VN 800, la più sportiveggiante Marauder e la 1500), anche se nelle linee generali la EN necessiterebbe forse di un leggero “lifting”.Da sempre in diretta concorrenza con un’altra evergreen, la Honda VT 600 Shadow, entrambe sorridono disinvolte al passare degli anni, forti di soluzioni tecniche collaudate e di proverbiale affidabilità. Nella fattispecie, la EN, con l’architettura del suo propulsore bicilindrico in linea fronte marcia, tradisce la strategia di “modularità” (è lo stesso motore montato sull’enduro KLE e sulle stradali E-R5 e GPZ) che lo ha fatto preferire alla soluzione del V2, più consona all’impiego su una custom, ma proprio grazie a tale scelta tecnica, la piccola cruiser riesce a regalare sensazioni inattese, come il discreto allungo ed i consumi davvero molto ridotti, anche grazie all’adozione di un cambio a 6 rapporti (soluzione decisamente rara su una custom di piccola cilindrata).Nel complesso, questa “giapponesina” si è conquistata negli anni un certo range di estimatori, proponendosi come il giusto compromesso per chi voglia un mezzo dalla guida tranquilla, senza rinunciare alle scampagnate fuori porta, magari in coppia, o per i neofiti, o per il pubblico femminile.Il prezzo di circa dodici milioni (11.990.000, per la precisione) ne fa un modello interessante anche per l’elevato rapporto qualità/prezzo. Due le colorazioni previste: nera con inserti blu o rosso metallizzato e nero.


Saltando in sella senza badarci troppo, le forme della EN 500 sembrano “docili” e per niente esagerate: tutto è a portata di mano, e le dimensioni non impensieriscono nessuno. Guardandola da fermi, magari seduti al tavolo di un bar, invece, la sagoma si rivela generosa, e ricorda muse ispiratrici “d’oltre oceano”. Spiccano le ruote a raggi, il reparto posteriore generosamente gommato ed il riuscito gruppo sella-parafango, su cui fanno bella figura anche i due ammortizzatori cromati e regolabili. Forme “made in USA”, dunque, nonostante l’aspetto del propulsore. Abbondante il cromo su manubrio, comandi, accessori e scarichi, questi ultimi tagliati “a fetta di salame” come vuole la tradizione custom, e lievemente orientati verso l’alto. Sul serbatoio da 15 litri campeggia il gruppo strumentazione, composto di un tachimetro circolare corredato del contachilometri nonché delle spie dell’abbagliante, degli indicatori di direzione, della temperatura dell’acqua e del livello dell’olio. Al di sotto, a sinistra nella zona del cannotto di sterzo, si trova il segnalatore acustico cromato, e dall’altro lato il blocchetto dell’avviamento.La verniciatura nelle recenti versioni bicolore (nero-azzurra nella nostra prova) ricopre anche le fiancatine sotto la sella, ma si presta a qualche critica: lo “scalino” sulla linea che separa le due tinte non è un buon biglietto da visita, nell’era del molding e dei molti strati di trasparente sulle custom. Resta invariato, ma pur sempre affascinante, il logo in metallo che contraddistingue le cruiser di casa Kawasaki.

Su strada.
La posizione di guida è piuttosto naturale e la sella, molto vicina al suolo, permette di eseguire con facilità anche le manovre da fermi. Il manubrio è ampio, ben distanziato, e montato elasticamente per smorzare le vibrazioni (che invece si fanno sentire sulle pedane). Tradizionali, forse troppo, i blocchetti elettrici: poco funzionale il comando degli indicatori di direzione, dotato di un pulsante da premere per disinserire il segnalatore, operazione non sempre immediata con i guanti.La posizione molto incassata della sella, se da un lato garantisce un buon feeling con il mezzo, dall’altro impedisce ai piloti di maggiore statura di arretrare quanto vorrebbero, e lascia il passeggero un po’ in balia del vento ed eventualmente delle intemperie, trovandosi più in alto di una decina di centimetri e privo del minimo supporto cui reggersi. Ma va certo considerato che la EN 500 non è nata per i lunghi viaggi in coppia, ed il suo lavoro nel “quotidiano” lo svolge egregiamente.
Un po’ economico l’aspetto delle pedane del pilota e del passeggero, di forma cilindrica e rivestite in gomma; quelle anteriori sono il giusto compromesso tra comodità e praticità nella guida, mentre al passeggero è richiesto un po’ di spirito d’adattamento anche in questo, essendo esse posizionate più in alto di quanto dovrebbero.La stampella laterale è stabile ed assicura un solido appoggio, ma risulta difficile da azionare stando in sella alla moto, magari con degli stivali da turismo

Tecnica: il motore
La EN 500 mette subito a proprio agio il guidatore, o “la guidatrice”, perché vista la facilità d’utilizzo, questo mezzo ci sembra indicato anche per il pubblico femminile. Il manubrio ha un’impugnatura ampia e rilassante, che dona una sensazione di controllo ad ogni andatura. La grande elasticità del propulsore gratifica soprattutto nel misto, dove si può apprezzare il buon lavoro svolto dalle sospensioni anche in coppia. Non brillano i freni: un po’ rumoroso il disco anteriore, più felice l’opera del tamburo posteriore. Comunque, la EN rivela di essere fatta per l’uso disinvolto, lungo strade divertenti ma non troppo impegnative, in cui ci si possa rilassare ed assecondare il paesaggio con lo sguardo, sicuri di un appoggio valido e prevedibile in ogni circostanza.
Grazie all’adozione di un cambio a 6 marce, mutuato insieme al propulsore da altri modelli, si spuntano tempi dignitosi in accelerazione, godendo di un discreto allungo a patto di sopportare qualche vibrazione di troppo sulle pedane. I consumi sono di livello “scooteristico”: quasi 30 km con un litro nelle percorrenze in regime “economy”, ed oltre 22 km/l sui tragitti extraurbani; il che, insieme ad un serbatoio di 15 litri di capienza, garantisce un’autonomia di tutto rispetto.Non è difficile raggiungere la velocità massima dichiarata: circa 160 km/h, a patto di fare i conti con la pressione dell’aria, che comincia a farsi sentire già dopo i 120 indicati. Da mettere in conto una certa imprecisione direzionale, che va presa però con occhio benigno: acquistare questa cruiser per andarci sempre a manetta non è proprio il giusto modo per godersela…

Il propulsore della EN 500 Classic è un bicilindrico parallelo raffreddato ad acqua, di 498 cc con valori di alesaggio e corsa pari a 74x58mm. La deviazione concettuale rispetto alle classiche motorizzazioni custom non si limita però alla disposizione dei cilindri e al raffreddamento, ma è sottolineata dalla distribuzione a doppio albero a camme comandato da una catena di distribuzione posta al centro dei cilindri, e dalle quattro valvole per cilindro; l’alimentazione è affidata a due carburatori Kehin CVK con diffusore da 32 mm. Il rapporto di compressione è di 10,2:1.L’albero motore è di tipo monolitico, in acciaio fucinato e sfrutta ben quattro supporti di banco. In acciaio anche le bielle, dotate di testa scomponibile, mentre i pistoni sono realizzati in lega di alluminio a ridotto coefficiente di dilatazione ed hanno il mantello sfiancato. La lubrificazione è forzata, a carter umido. Per contenere il più possibile le vibrazioni derivanti dalla disposizione a 180° del manovellismo dell’albero motore (un pistone raggiunge il PMI mentre l’altro è al PMS) si fa uso di un albero ausiliario di equilibratura, comandato mediante ingranaggi e posto nella parte anteriore del basamento. Il cambio, su cui agisce una frizione a dischi multipli in bagno d’olio, è a 6 marce; il basamento è formato da due semicarter uniti secondo un piano orizzontale. La trasmissione finale è del tipo a catena (con una corona da 42 denti e 16 al pignone).Le prestazioni fornite dal bicilindrico che muove questa cruiser sono discrete, sebbene negli anni abbiano subito una riduzione dei valori assoluti a vantaggio della fluidità di erogazione: la potenza massima è di 46 CV a 8000 giri e il picco di coppia è di 4,6 Kgm a 6000 giri.

martedì 21 luglio 2009

Comparativa Honda Shadow 600, Kawasaki En 500, Guzzi Nevada 750, Yamaha Virago 535

Dal sito: Dueruote
http://www.motonline.com/prove/articolo.cfm?gal=1&codice=86178




Una volta si compravano per sfoggiarle davanti al bar. Oggi sono le moto di chi non si cura di prestazioni e tecnologia, ma bada alla sostanza Di fronte all’invasione di naked e supersportive di media cilindrata, aguzze, cattive, e ai loro proprietari mai sazi di cavalli vapore, e ai quali presunti cromosomi sportivi sembrano imporre cupolini, puntali, codini e molle forcella come complementi irrinunciabili, viene da riflettere su quanto siano effimere le mode: solo qualche anno anni fa quegli stessi smanettoni erano probabilmente degli easy-rider coperti di pelle, frange e borchie, in testa un casco nero aperto, sempre ben calati sul naso gli occhiali da sole, che a scarichi aperti trotterellavano in quinta a ottanta all’ora con sguardo torvo. Se non avevano il cosiddetto “portafogli a fisarmonica” necessario ad aggiudicarsi un’Harley-Davidson, le cavalcature di questi centauri di fine millennio erano proprio le custom di cui ci occupiamo noi: bicilindriche di media cilindrata, immortalate nelle pellicole d’azione degli eighties. I nomi? Shadow, Virago, Nevada, EN500. Come dire: un’italiana, ben riconoscibile come tutte le Guzzi, in mezzo a un terzetto di gettonatissime giapponesi.Pur con qualche aggiornamento, sono tutte ancora sul mercato, sono cadute in disgrazia molto meno di quanto ci si potesse aspettare, e restano in gran parte fedeli alle proprie formule originali.
Quello che è cambiato è il loro pubblico: in buona parte femminile, comunque sempre concreto.


Su strada
Il due in linea Kawasaki stupisce per grinta: tranquillo ma pieno ai bassi regimi, si scatena oltre i cinquemila e rivela una certa propensione all’allungo. La ciclistica è particolarmente solida, e (naturalmente in rapporto alla tipologia di moto) la EN regala soddisfazioni nella guida sciolta, e si dimostra, nonostante le dimensioni contenute, adatta anche al turismo in coppia.Se il motore della Virago fa ancora una discreta figura (si vedono i 170 indicati), a deludere un po’ è il comportamento su strada, a causa di sospensioni e freni scadenti: in particolare la forcella anteriore e il tamburo posteriore invitano a una guida il più possibile rilassata.D’indole tranquilla anche la Shadow, forte di un motore dall’erogazione piena, ma che soffre e si ribella vibrando se si cercano le prestazioni: volendo “farsi del male”, tuttavia, è possibile far salire la lancetta fino ai 160 all’ora. La stabilità della Honda è molto buona, e la ciclistica tutta offre margini di sicurezza superiori alla concorrenza (anche grazie al disco posteriore): peccato la piccola porzione di sella riservata al passeggero, che penalizza l’uso turistico in coppia.Anche la Nevada ha un ottimo equilibrio, e si conferma la più propensa a concedere qualche soddisfazione in più nel misto, grazie al motore vigoroso, alla ciclistica solida (l’avantreno è ben piantato e il disco anteriore è molto efficiente) e ad una posizione in sella più vicina a quella di una tourer che a quella tipica di una custom (le pedane sono abbastanza arretrate).



Estetica e comfort
Le mode, dicevamo: tanto sono effimere, quanto sono cicliche. In questo periodo la tendenza deiBikers (almeno degli amanti delle custom) è quella di ingigantire gli ingombri, le cilindrate, i pesi (ahimè…), per non parlare dei battistrada delle gomme e di tutta la ciclistica. Da ciò consegue, per consentire alle moto di mantenere una maneggevolezza sufficiente, un cambiamento delle forme in funzione di una sella più bassa, di un manubrio che resti raggiungibile etc. etc. Dieci anni fa le cose erano parecchio differenti: le custom oggetto del confronto non erano affatto considerate piccole, i loro proprietari non dovevano rapportarsi a colossi da 1.600 cc (come alcune drag-custom odierne), e nella pratica si cercava di ridurre tutto al minimo: si rinunciava, cioè, a qualsiasi orpello non fosse strettamente necessario, e forse anche a qualcosa di più, se si osservano gli striminziti strumenti di cui sono dotate. Le tre giapponesi, in particolare, montano tutte un unico cerchio analogico (il tachimetro) piuttosto miserello, e poche spie “d’ordinanza”: solo la Nevada si concede il contagiri. Scelta più raffinata per la EN, che incorpora la strumentazione in un quadro cromato sul serbatoio. L’italiana è, in effetti, quella che tra le quattro segue una filosofia più originale, indirizzata verso un comportamento certamente easy, ma appagante in tutte le situazioni. Le quattro rivali, oltre che tra loro, si trovano a dover competere con gli scooteroni, certamente più comodi e pratici: ne consegue che un argomento fondamentale per la loro sopravvivenza sia la maneggevolezza. A questa voce è senza dubbio la Yamaha Virago a primeggiare, grazie alle misure contenute e soprattutto ai 182 chili di massa: stesso peso dichiarato per la Nevada, che tuttavia soffre per la superiore sezione frontale impostale dal V2 trasversale.Pari massa per Honda Shadow e Kawasaki EN: le schede tecniche dichiarano 199 kg, quanto basta per non sforare i due quintali. Una nota di merito deve essere attribuita alla qualità complessiva della Shadow, che non a caso continua a rappresentare il riferimento di categoria.

La tecnica
Il due in linea (derivante dal quattro supersportivo prodotto negli anni ottanta) Kawasaki è una pietra miliare dell’ingegneria motociclistica moderna: raffreddato a liquido e dotato di distribuzione bialbero a quattro valvole, è tanto efficace e versatile da poter essere usato con ottimi risultati su tre modelli (oltre alla EN, la dual purpose KLE e la naked ER-5). Certo è che il propulsore che tradizionalmente ci si aspetta di trovare su una custom è il V2, ed esteticamente la kawa perde per questo un briciolo di fascino rispetto alle concorrenti. Il bicilindrico longitudinale da 535 cc montato sulla Virago si difende discretamente quanto a valori di potenza e coppia: 44 i cavalli dichiarati a 7.500 giri/min e ben 46 i Nm di coppia, raggiungibili a 6000 giri. Il colosso di Iwata equipaggia con questo motore unicamente la XV, che certamente è in declino dopo l’arrivo della serie Drag Star. Lo schema è piuttosto semplice: il raffreddamento è ad aria e la distribuzione è monoalbero a camme in testa. Il motore più raffinato della categoria è certamente quello della Honda Shadow: malgrado la fitta alettatura, il V2 longitudinale di 52° è raffreddato a liquido e adotta una distribuzione monoalbero a tre valvole per cilindro. È alimentato a carburatore unico, inquina e consuma poco. Da segnalare l’assenza quasi totale di vibrazioni, almeno fino ai regimi intermedi. Al bicilindrico trasversale Guzzi spettano diversi primati: quello della longevità, visto che è strettamente imparentato con quello della mitica V35. Con 744 cc è anche il più voluminoso del gruppo, nonché il più potente, sebbene di misura (48 cavalli dichiarati) e soprattutto il più dotato di coppia, con quasi 60 Nm disponibili già a 3.200 giri.La distribuzione è ad aste e bilancieri, con due valvole per cilindro; il raffreddamento, naturalmente, ad aria. Per quanto concerne la ciclistica, tutte hanno telaio a doppia culla, forcella teleidraulica a steli tradizionali all'anteriore (con notevole inclinazione del cannotto di sterzo) e doppio ammortizzatore posteriore. Il reparto freni della Nevada è il più solido (due dischi, di cui l'anteriore Brembo serie Oro). I cerchi della Virago hanno misure "inusuali": 19" davanti e 15" dietro.

Conclusioni
Non siamo soliti fare classifiche, dare voti, stabilire vincitori e vinti. Riteniamo però che, del quartetto, la Kawa EN500 e la Guzzi Nevada debbano essere considerate le scelte più convenienti.La custom di Akashi perché abbina ad un prezzo davvero competitivo (6.371 euro) una qualità generale inaspettata: è una moto “intelligente” senza per questo rinunciare al gusto delle finiture curate e a un valido motore.
La Nevada è invece quella che su strada dà le maggiori soddisfazioni. Se ci si accontenta del suo design un po’ obsoleto, si è certi di acquistare al prezzo giusto (6.450 euro) una moto divertente e fatta per durare nel tempo.Della Virago ricordiamo che - come per altro ricorda il suo nome - è la custom femminile per eccellenza, tanto da aver dato origine addirittura ad un club delle sue proprietarie: ha una linea gradevole, è leggera e monta un buon motore. Data la sua diffusione e longevità sul mercato la si può trovare anche usata e spuntare un buon prezzo (in alternativa, invece di staccare un assegno da 6.321 euro). La Shadow è instancabile, robusta, ha contenuti tecnici pregevoli, anche se (disco posteriore a parte) nella sostanza non offre nulla più delle rivali. Da anni leader del mercato - una vera evergreen - con 7.131 euro è la più costosa del lotto. A compensazione ha certamente il vantaggio di una maggiore tenuta dell’usato.