giovedì 16 luglio 2009

Confronto: Triumph RocKet III contro Harley - Davidson V-Road

Sì, è vero: potreste andare a prendere le due schede tecniche e sbatterci in faccia che constatereste subito come i cinquanta chili nel dato sul peso a secco, così come i trenta cavalli e tanti altri bei numeri che le separano, costituiscano differenze talmente rilevanti da rendere quasi improponibile una comparativa tra queste due moto. Eh sì, perché rispetto al gigante Rocket III, la V-Rod sembra un fuscello (incredibile a dirsi, per una Harley-Davidson). Eppure se rinunciaste al confronto avreste torto: nonostante che la Triumph abbia una cilindrata doppia di quella dell’americana, quest’ultima è la sua più vera concorrente. Più di alcune imponenti giapponesi (ad esempio Kawasaki VN2000 e Honda Valkyrie 1800), la Harlay Davidson V-Rod, per il fatto stesso di essere il prodotto Harley del rinnovamento (tanti cavalli, raffreddamento a liquido, etc.), è la rivale con cui la Triumph Rocket III - che a sua volta è la prima custom Triumph estrema - dovrà fare i conti. E poi -inutile girarci intorno- un possibile acquirente Harley al massimo si butta su Triumph (e viceversa); è molto più raro che prenda in considerazione una giapponese: queste sono moto da abbinare “assolutamente” a giacca e casco di una tal marca, da parcheggiare davanti al bar giusto, si tratta di status symbol che in garage trovano posto accanto alla BMW serie 5 o all’Audi A6. Anche perché, come si può immaginare, i prezzi delle due chopperone sono muri impossibili da scalare per la grande maggioranza dei motociclisti: 17.990 euro per la Rocket, 19.760 per la V-Rod.



Anno Domini 2003: al Salone di Milano, Triumph si presenta con l’incarnazione metallica del gigante Golia. È la Rocket III. "Tre" è naturalmente il numero -tradizionale, ormai- dei cilindri, ma le analogie meccaniche col resto della gamma di Hinckley finiscono qui. Non solo perché i cilindri in linea sono longitudinali e non fronte marcia, ma soprattutto perché la cubatura in ballo è elevatissima: 2300 cc, che fanno della Rocket la motocicletta di serie col motore più grosso al mondo. E non è un numero fine a se stesso: in accelerazione e ripresa la mastodontica Triumph è in grado di bruciare anche le più veloci tra le 1000 giapponesi ipersportive; tanto che il limitatore elettronico della coppia in prima marcia non basta ad evitare al pilota il rischio di strappi a braccia e spalle quando spalanca il gas.
La versione in prova, quella che la Numerotre tiene a "parco stampa", è la “Tribal”, che si distingue dalla standard essenzialmente per numerosi componenti da catalogo ufficiale Triumph: il colore arancio metallizzato (col fianco sinistro del serbatoio e il radiatore cromati), il fly screen e le grafiche tribali. I terminali di scarico sono i più aperti possibile. Insomma, la Rocket è già estrema di suo, e in questa versione diventa una bomba. Impossibile non girarsi quando si sente il suo ruggito, irresistibili le sue cromature sfacciate, evocativa la gommona posteriore da 240 (in aftermarket si trovano già quelle da 280 e 300…) montata su un cerchio da 16 pollici.
Posto che l’attrattiva della Rocket consiste nel portarsi a casa la più esplosiva e ormonale tra le moto di serie, il vero plus che la Rocket offre sta nel fatto che è anche bella da guidare: non che sia un fuscello, ci mancherebbe, ma la distribuzione dei pesi è favorevole, e la moto, finché si tratta di andare a passeggio, può essere veramente portata da chiunque: si può partire in seconda, mettere la terza a cinquanta all’ora e dimenticarsi del cambio. Colpisce la qualità complessiva della ciclistica: i tre quintali e mezzo della tricilindrica si lasciano frenare adeguatamente, e anche le sospensioni (in particolare la forcella) e il telaio rispondono bene se si cerca di forzare. Tuttavia, malgrado i valori elevati di potenza e coppia, cercare un ritmo sostenuto sul misto è una mezza impresa: sterzare costa fatica, e la Rocket esige una guida rotonda, consentendo anche angoli di piega discreti.



La nostra V-Rod è la “B”, che si distingue dalla “A” per pochi particolari: per chi non è un intenditore e vede vicine le due versioni, scatta la caccia alla differenza in stile Settimana Enigmistica. Non ci arrivate? Ok, ve le sveliamo noi: il manubrio è il low-rise, cioè quello non a corna di bue, telaio e motore sono spazzolati di nero, anziché color alluminio, le frecce sono in plastica e non in materiali più pregiati, il faro anteriore è tondo e non sfuggente. Il resto è identico: il motore da 1.130 cc e 115 cavalli raffreddato a liquido, serbatoio sotto la sella, carrozzeria e cerchi lenticolari in alluminio, forcella dall’inclinazione apparentemente assurda (39°!), e tutto il resto.



Che sia A o B, comunque, la V-Rod è una splendida scultura di metallo il cui motore vibra il tanto che basta a non lasciare troppo spaesati gli harleysti: ma, se ne faccia una ragione chi pensa alle moto americane come a dei buoi inesorabili ma lenti, si tratta di una moto dalle grandi prestazioni, in termini assoluti. E’ una custom per impostazione di guida, ma della custom classica ha perso in gran parte i connotati: la forcella stessa, esageratamente inclinata, è tuttavia efficace nella risposta, abbastanza simile a un’unità sportiva. Per il resto la V-Rod è più una naked, dal motore pieno in basso ma progressivo e capace di salire anche molto di giri. L’americana frena alla grande e sta in strada: strano a dirsi, ma dice la sua anche sul misto stretto. Ci si prende gusto in fretta, e dopo un paio di tornanti si cominciano a grattare le pedane (prima) e gli scarichi (dopo), con tanto di folcloristiche scintille. Dalle foto forse non mi si vede, ma sulla Rocket III c’ero. E stavo pure guidando!Contrariamente a quanto si possa pensare, quando una mini-size come la sottoscritta sale in sella al mastodonte Triumph, il sentimento che predomina è l’orgoglio. Così, con un ego che riempiva gli spazi vuoti, ho scalato una marcia col consueto colpo di gas. Un rombo di tuono mi ha congelato i muscoli, ed ho scoperto che la Rocket, con questi scarichi aperti, crea un vero muro sonoro, e in rilascio scoppietta che è una meraviglia. Altro che Harley…. Già, perché la V-Rod è un’educanda gentile a confronto dell’aggressiva presenza dell’inglesona: motore più fluido, emissione di decibel e peso abbastanza contenuti. Le manovre sono complicate con entrambe: con l’Harley bisogna calcolare l’ampio raggio di sterzo e l’ingombro della forcella, per la Rocket bisogna dotarsi di muscoloso chauffeur che giri il manubrio al posto vostro. In realtà una volta in marcia la bestiona a tre cilindri si alleggerisce di un bel 200 kg, a fronte dei suoi 320. Avete mai guidato la “squalo” della Citroen? Ecco, la sensazione è simile: in curva va gestita, perché tende ad allargare la traiettoria. Man mano che si rallenta lo sterzo s’irrigidisce e conviene fermarsi in una posizione corretta per la partenza, così da non spostarla più. Nonostante sia decisamente abbondante nelle dimensioni, ci s’incastra a meraviglia: gli spazi sono molto equilibrati, pregio che manca alla V-Rod: sull’americana le pedane sono là in fondo, e io mi devo stendere per arrivarci. Nonostante questo inconveniente, però, salendo sulla lunga Harley sembra che i suoi 270 kg siano davvero pochi. E’ fluida nell’erogazione quanto la Rocket è brusca ed aggressiva. Così diverse ma con un comun denominatore: sono due realtà uniche, che non si possono catalogare. Questo è il motivo per cui vale la pena possederle e sfoggiarle, non il fatto che siano comode o potenti, non l’efficacia della frenata o la stabilità in curva, ma il loro essere estreme e per pochi. Belle, proprio belle. Si fanno guardare volentieri non solo da lontano: i dettagli sono curati, cromature e verniciature piacevolmente ricche, i materiali mostrano poche economie. Qualcuno, dando un’occhiata al listino, potrebbe ritenere scontato questo livello di qualità, ma mi pare che sia giusto sottolinearla perché non è sempre detto che ciò che costa molto sia anche realizzato al meglio, e gli esempi non mancano... Dal punto di vista estetico la mia preferenza va alla V-Rod: la trovo più slanciata, più sobria, più elegante, anche se dal punto di vista delle finiture certi dettagli potevano essere più prestigiosi (ad esempio, il faro anteriore), mentre della Triumph apprezzo l’imponenza e l’equilibrio delle masse, ma la trovo un po’ barocca in certi dettagli, e in generale più vistosa. Le parti si invertono quando si accende il motore e si parte: l’Harley va guidata come un chopper, con questa forcella lunghissima e inclinata, e anche se il motore è di una gestibilità esemplare e la stabilità sul dritto non si discute, mi trovo a disagio quando c’è da affrontare un po’ di curve in successione, complice anche una posizione di guida poco naturale. La Rocket III, invece, da fermo dà l’impressione di essere più pesante, si sente che è grande e grossa e capisci subito che se non fai attenzione con l’acceleratore e scateni quella coppia da rimorchiatore te la metti per cappello in un attimo, ma l’ho trovata più comoda, più bilanciata, più manovrabile, più “dosabile”. In una parola, più utilizzabile.






Dati tecnici Harley e Triumph
Harley Davidson V-Rod
Motore: a 4 tempi, 2 cilindri a V di 60° logitudinale, raffreddamento a liquido, alesaggio e corsa 100x72 mm, cilindrata 1.130 cc, rapporto di compressione 11,3:1, distribuzione bialbero a camme in testa con comando a catena laterale, 4 valvole per cilindro, lubrificazione forzata a carter umido con doppia pompa trocoidale. Alimentazione: iniezione elettronica ESPFI con corpi sfarfallati da 53 mm, capacità serbatoio 14 litri compresa la riserva. Accensione: elettronica digitale, 1 candela per cilindro. Avviamento: elettrico. Trasmissione: primaria a ingranaggi a denti diritti, frizione multidisco in bagno d’olio con comando idraulico, cambio a 5 marce, finale a cinghia in fibre aramidiche rinforzate. Ciclistica: telaio a doppia culla continua scomponibile in tubi tondi d’acciaio di grosso diametro, inclinazione asse di sterzo 34° (forcella 38°), avancorsa 99 mm. Sospensione anteriore: forcella teleidraulica utraregolabile, steli da 49 mm, escursione 100 mm. Sospensione posteriore: forcellone in alluminio e ammortizzatori idraulici regolabili nel precarico molla, escursione ammortizzatori 60 mm. Ruote: anteriore lenticolare in lega leggera, pneumatico 120/70-19”, posteriore lenticolare in lega leggera, pneumatico 180/55-18”. Freni: anteriore a doppio disco da 292 mm, pinze a 4 pistoncini, posteriore a disco da 292 mm, pinza a 4 pistoncini, circuito idraulico in tubi di teflon con treccia metallica. Dimensioni e peso: interasse 1713 mm, lunghezza 2375 mm, larghezza 838mm, altezza sella 660 mm. Peso a secco 270,4 kg. Prestazioni: potenza 115 CV (84,64 kw) a 8500 giri., coppia 88 Nm a 6300 giri. Omologazione Euro-1: si’
Triumph Rocket III
Motore: quattro tempi, tre cilindri in linea longitudinale raffreddati a liquido. Distribuzione bialbero in testa a 12 valvole comandata a catena frontale. Alesaggio e corsa: 101.6 x 94.3 mm, cilindrata 2.203 cc, rapporto di compressione: 8.7:1, alimentazione: iniezione multipoint elettronica sequenziale, doppi accensione elettronica digitale.Trasmissione: frizione multidisco in bagno d’olio, cambio 5 marce, trasmissione finale a cardano.Ciclistica: telaio tubolare a doppia culla in acciaio, forcellone in acciaio a due bracci, cerchi a 5 razze in acciaio, ant 17’x3.5’, post 16’x7.5’, pneumatici: ant 150x80 R 17, post 240x50 R 16. Sospensioni: ant forcella idraulica a steli rovesciati da 43 mm, post: due ammortizzatori, regolabili nel precarico. Freni: anteriore a doppio disco flottante da 320 mm con pinze a quattro pistoncini, posteriore a disco singolo da 316 mm, pinza a doppio pistoncino. Dimensioni e peso: lunghezza: 2.500 mm, larghezza al manubrio: 970 mm, altezza max: 1.165, altezza sella: 740 mm, interasse: 1.695 mm, inclinazione cannotto sterzo: 32°, peso a secco: 320 kg, capacità serbatoio: 25 lt.Prestazioni: potenza max: 140 CV (103 kW) a 5.750 giri, coppia max: 20.39 kgm (200 Nm) a 2.500 giri.

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